lunedì 7 novembre 2016

La corsa continua... Seguendo i passi di San Martino.



Riprendo dopo qualche anno il vecchio blog del "Tropfeo scarpetta", facendomi un piccolo regalo di compleanno... L'incostanza é il mio mestiere, non so se sarà l'occasione per ricominciare a scrivere con più regolarità.Intanto iniziamo a scrivere questo post, poi si vedrà... Un passo alla volta, come nel podismo!
Si avvicina la mezza maratona di Ravenna, domenica 13 novembre prossimo, con una scarsa preparazione... Come al solito, giusto per arrivare in fondo e godersi una bella città come Ravenna, che prendo un po' in giro da buon genovese mugugnone, ma a cui voglio un gran bene, per tutto ciò che mi ha dato in questi 10 anni di vita romagnola.

L'8 novembre é una data importante, non solo perché ha dato i natali a me ed a Chris Martin, cantante e leader dei Coldplay, famoso gruppo pop londinese (astenersi dal fare paragoni, please) ma anche per la fine del percorso terreno di un grande santo, a mio parere. San Martino di Tours. Nato nel 316 circa a Sabaria Sicca (odierna Szombathely, in Ungheria) un avamposto dell'impero romano alle frontiere con la Pannonia, si fa ricordare per il suo celebre gesto della con-divisione del mantello con un povero mendicante, all'inizio della sua conversione, quando svolgeva servizio come giovane milite delle "Scholae imperiali" romane, corpo scelto di 5 000 unità perfettamente equipaggiate: disponeva quindi di un cavallo. Fu inviato in Gallia, presso la città di Amiens, nei pressi del confine, e lì passò la maggior parte della sua vita da soldato. Faceva parte, all'interno della guardia imperiale, di truppe non combattenti che garantivano l'ordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il trasferimento dei prigionieri o la sicurezza di personaggi importanti.

In quanto "circitor", eseguiva la ronda di notte e l'ispezione dei posti di guardia, nonché la sorveglianza notturna delle guarnigioni. Durante una di queste ronde avvenne questo episodio che gli cambiò la vita (e che ancora oggi è quello più ricordato e più usato dall'iconografia). Nel rigido inverno del 335, Martino incontrò questo mendicante seminudo. Vedendolo sofferente, tagliò in due il suo mantello militare (la clamide bianca della guardia imperiale) e lo condivise con lui. La notte seguente vide in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello militare. In questo sogno udì Gesù dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. (Fonte Wikipedia)

Ciò che mi sono sempre chiesto é il perché Martino non abbia donato tutto il mantello, sentendo questa forte spinta verso i poveri. Come fece San Francesco ad esempio, che si spogliò completamente dei suoi beni, per staccarsi completamente dalle cose terrene e dedicare la propria vita esclusivamente a Dio. Non può essere soltanto perché la legge romana lo considerava proprietario della metà del mantello, pensando al grande santo che é diventato non avrebbe avuto problemi a trasgredire una legge che avesse ritenuto iniqua. Secondo me c'é dell'altro, c'é di più...

"Mc 12,28-34
28 Uno degli scribi che li aveva uditi discutere, visto che egli aveva risposto bene, si avvicinò e gli domandò: «Qual è il più importante di tutti i comandamenti?» 29 Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele: Il Signore, nostro Dio, è l'unico Signore. 30 Ama dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutta la mente tua, e con tutta la forza tua". 31 Il secondo è questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non c'è nessun altro comandamento maggiore di questi». 32 Lo scriba gli disse: «Bene, Maestro! Tu hai detto secondo verità, che vi è un solo Dio e che all'infuori di lui non ce n'è alcun altro; 33 e che amarlo con tutto il cuore, con tutto l'intelletto, con tutta la forza, e amare il prossimo come se stesso, è molto più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34 Gesù, vedendo che aveva risposto con intelligenza, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno osava più interrogarlo."

Ecco, nella divisione del mantello si compie, a mio parere, la parola "COME", di questo brano evangelico. C'é la condivisione, condividere i beni che si hanno, ed un pezzo piccolo o grande della nostra vita con il prossimo. E questo episodio della vita di San Martino mi ha legato molto a lui, ritrovandomi nella vita di ogni giorno a cercare il giusto equlibrio nella donazione di se stessi in maniera sana, riuscendo ad essere sempre, il più possibile, cristiani credibili, capaci di amare contemporaneamente se stessi ed il prossimo, in egual misura. Tanto per fare un esempio, é tipico per chi svolge come me un lavoro di cura, correre il rischio di conoscere il "burn-out", fase professionale nella quale hai bruciato tutte le tue risorse (le situazioni di disagio, con le quali ci confrontiamo noi educatori, ne richiedono molte) e non hai più nulla da dare. Sicuramente una via maestra per un cristiano, per ricaricarsi, é la preghiera ma senza dimenticare la propria umanità, che ha bisogno di essere alimentata in varie forme. Quindi la necessità di avere cura di se stessi, del probrio tempo. Fare begli incontri, belle passeggiate, corse nei migliori paesaggi della propria terra... Ognuno deve trovate il suo modo, ma ricordiamoci che siamo responsabili della vita che viviamo, e dobbiamo viverla in mezzo agli altri. Ciò che San Martino c'insegna, a mio parere é: "Abbi cura di te stesso, senza dimenticarti del prossimo che incontri per la strada. E' tuo fratello!"

Termino questo mio "predicozzo" saltando direttamente al termine del percorso terreno di San Martino. Questo "piccolo guerriero" (dall'etimologia del suo nome, Marte era il dio romano della guerra), che non usò mai la sua spada se non per tagliare quel mantello, morì l'8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin, un placido paesino della Loira, visitato insieme a mia moglie Deborah, in viaggio di nozze nel settembre 2007. Si era recato lì per mettere pace tra il clero locale, ormai ottantenne, sfibrato per una lunga vita di contemplazione ed azione, essendo tra i precursori del monachesimo ed anche instancabile evangelizzatore, soprattutto nelle campagne, allora completamente abbandonate al loro destino (un po' come certe periferie delle nostre città, oggi...) Portò al termine questa ultima impresa, grazie alle sue doti innate nell'aiutare i fratelli in disaccordo a parlarsi. Altro dono di cui il santo era dotato, motivo per cui Martino girò mezza europa per fare da pacere, riuscendo a creare ponti di dialogo fra le persone.

Difficile non pensare a ciò che la Chiesa Cattolica sta vivendo in questo tempo storico, nella presunta o reale divisione fra cattolici "conservatori" e "modernisti".
Un esempio di questa divisione é cronaca dei nostri giorni. L'ormai celebre catechesi del teologo domenicano, Padre Cavalcoli, durante una trasmissione dell'emittente "Radio Maria" ha avuto forte risalto nella stampa nazionale a causa della correlazione espressa (per alcuni chiaramente, per altri meno) fra eventi catastrofici come il terremoto che ha colpito il centro Italia a più riprese quest'anno, e l'approvazione nella legislazione italiana di leggi che non seguono la cosiddetta "legge naturale", come ad esempio le unioni civili.

Ognuno può e deve farsi la sua opinione sulla vicenda, ciascuno é dotato di una propria coscienza, ed é in grado di discernere autonommente, con i mezzi che ha a disposizione.
Consiglio, per farsi un'opinione corretta, la trascrizione integrale riportata sul sito dell'emittente che ha ospitato la rubrica di P. Cavalcoli, ora sopspesa
(sito: www.radiomaria.it) e la notizia riportata dal quotidiano online de "La Stampa" (altri quotidiani o settimanali sono stati molto più imprecisi e poco professionali, a mio avviso), che contiene anche l'audio del passaggio principale di questa sua lunga dissertazione.

Come cristiano mi sento di fare le mie scuse soprattutto per la domanda che é stata posta dall'ascoltatore, probabilmente cattolico come me... Il solo pensare una cosa del genere, a me, mette i brividi. Pensare che il nostro Dio colpisca indistintamente per eventuali colpe, magari commesse da altri, mi rattrista. Penso che sia una tentazione da tenere lontana, almeno per quella che é la mia vita di fede. Quanto alla risposta data dal domenicano, come ripeto, ognuno deve farsi la sua opinione.

Dopo essermi documentato e confrontato con vari amici sui social network, che dispongono di una cultura teologica più ampia della mia (non ci vuole molto...), sono giunto a quello che é il nocciolo della questione, secondo me. Che si riduce, come spesso accade, ad un problema di linguaggio. P. Cavalcoli sostiene di non essere stato compreso bene, di aver fatto un discorso nel solco della tradizione cattolica, senza aver messo in correlazione diretta il mancato rispetto della legge naturale ed i terremoti come castigo divino. Io voglio credere nelle sue buone intenzioni, anche se dalle sue parole, da me ascoltate nella registrazione de "La Stampa", non si evince una presa di posizione netta che allontani dalla mente dell'ascoltatore quella che, secondo me, é davvero una tentazione. Quella di sottomettere Dio a a dinamiche educative molto terrene. Le dinamiche di rinforzo, positivo o negativo, noi educatori le conosciamo bene... Ma si tratta di concedere un premio alla fine di una attività, se fatta bene, od astenersi dal farlo se la persona che hai davati non collabora. Non di massacrarla se invece vuole fare tutt'altro! Un crisiano medio, credente e praticante come me, con cultura religiosa media, come la mia, per capire bene il concetto biblico di castigo, deve rileggersi il testo completo di P. Cavalcoli varie volte, confrontarsi con amici più esperti, prendere il vocabolario e cercare il termine "afflittivo" ed il suo contrario... Insomma, come direbbero gli amici romagnoli... "Che fadiga, burdel!" ("Che fatica ragazzi!" Traduzione per i non romagnoli...)

Allora, qual'é il problema fondamentale? La nostra "ignoranza" religiosa, come popolo di Dio da ri-evangelizzare, od il trovare un linguaggio che l'interlocutore possa capire? Penso che San Martino non abbia usato sempre lo stesso linguaggio, quando parlava con gli imperatori affinché non mettessero a morte gli eretici ariani, che pure contrastava, rispetto a quando evangelizzava le campagne della Gallia romana. Insomma, la domanda che mi pongo é la stessa che si pone l'amica, nonché teologa ravennate, Licia Lontani:

"Non varrebbe la pena utilizzare un linguaggio più aderente a quello comune, fuori dalle accademie?"

Secondo me si, considerando che quella era una trasmissione rdiofonica divulgativa, il linguaggio di P. Cavalcoli non era adeguato al contesto. Dobbiamo metterci in testa che siamo tornati ai tempi di San Martino, con una moltitudine da (ri)evangelizzare. Siamo noi che dobbiamo farci incontro al prossimo, anche col linguaggio, non viceversa.

Tranquillizzo eventuali followers, dal prossimo post tornerò ad occuparmi di corsa e di cucina, nello spirito di questo vecchio blog... Concedetemi questa divagazione cultural-religiosa... Come regalo di compleanno, appunto!
Buona vita e buona festa di S.Martino!

Nessun commento:

Posta un commento